Ci sta cacciando in quelle stanzette buie….

16 pensieri su “Ci sta cacciando in quelle stanzette buie….

  1. In quei pochi secondi che precedono l’apertura della stanza virtuale mi domando con quali compagni finirò questa volta. Spero di non finire con quell’antipatico di Marco, già due volte ho dovuto lavorare con lui questa settimana. Mi auguro invece di finire con Marta, la mia migliore amica. Io e lei ci intendiamo su tutto. Quando a scuola ci lasciano scegliere il compagno con cui lavorare appena posso io scelgo lei perché è un’ottima partner. Riesce a rendere divertente anche un qualsiasi noioso lavoro che ci viene affidato dai professori.
    Ecco che appaiono tre quadrati con le iniziali dei nomi: Lucia, Davide e Gabriele (il ragazzo che tanto mi piace e ora? come mi devo comportare? Sono timida di persona figurati dietro una videocamera che mi rende pure più brutta!). I visi dei miei compagni però non appaiono, restano solo i nomi, così decido di farmi coraggio e dico ‘’Ciao ragazzi, ci siete? Non riesco a vedervi’’.
    Piano piano iniziano ad apparire le facce, ma la qualità del video è davvero pessima, quasi non riconosco i loro visi, mi sembrano persone sconosciute… Lucia non sembra avere quell’aria da saputella so tutto io, Davide non sembra avere il solito muso lungo e Gabriele indovinate un po’? Non sembra così affascinante come suo solito e questo, a contrario di quanto pensassi, mi fa sentire meglio! Di solito mi sento un brutto anatroccolo in confronto a lui, ma oggi no! Così trovo per la prima volta il coraggio di parlargli. Lavoriamo insieme tutto il tempo, finché dopo una mezz’ora inizio a vedere meglio il suo viso, torna il solito bel ragazzo che conosco e questo mi fa sentire in imbarazzo… di nuovo.
    Penso a quanto mi abbia aiutato il fatto di vedere il suo viso sgranato durante la prima mezz’ora di lezione e mi viene l’idea di immaginarmi la sua faccia in un altro modo… ma in che modo? Beh magari… potrei trasformare il suo viso in un cavolfiore… sicuramente mi sentirei più bella a confrontarmi con un orribile cavolfiore piuttosto che con il suo viso angelico!

  2. Metto una felpa, spero di riuscire a mascherare la maglietta del pigiama che ancora indosso e che probabilmente terrò fino a stasera… tanto dobbiamo stare tutti chiusi in casa… in pigiama si sta così comodi!
    Ora posso accendere la videocamera… bbbrrrzzz bbbrrrzzz e via ai rumori di sottofondo!
    “Ciao”.
    SILENZIO.
    Dopo poco… “Ciao qualcuno ha delle idee?”
    Tutti sorridono, NESSUNO ha delle idee.
    Pian piano la pressione del tempo che scorre inesorabile fa tirar fuori a tutti delle idee, alcune davvero interessanti.
    TOC TOC
    Disattivo in fretta videocamera e microfono.
    Entra mia mamma con un piatto di carne e cavolfiori. CAVOLFIORI, ERA UN SOGNO PREMONITORE. Ma d’altronde sono a dieta, cosa mi aspettavo?
    Neanche una gioia ad intervallare le 6 ORE DI LEZIONI SENZA PAUSA.
    Ah quanto mi manca la mia carbonara…
    Tornati nella aula virtuale, i prof chiedono di parlare, attivando la videocamera.
    Non posso certo farmi vedere con un pezzo del mio nemico tra i denti.
    Quei pochi eroi che la accendono, mangeranno durante la successiva lezione di matematica!

  3. Non vedo nessuno.
    Ecco un’altra persona letterata cioè.. che usa le lettere al posto della sua faccia. Un’altra ancora… bene dovremmo essere tutti?
    Premo? Non premo? Nessuno parla, nessuno si vede e quella maledettissima funzione di “ATTIVA AUDIO” mi fissa…
    “CIAO”. Voce fantasma… bene mi toccherà proprio partecipare alla conversazione.
    Attiva audio “CIAO”
    Che poi ho una fame allucinante proprio alle 12:30 deve iniziare la lezione?
    Penso all’odore del cavolfiore la fame dovrebbe passarmi però vedo del CIOCCOLATO…
    va bene tanto la telecamera è spenta..Io mangio…è sciolto, meglio più buono.
    Però le compagne continuano a parlare e dovrei anche scrivere qualcosa. Appoggio il cioccolato vicino al pc…
    “Possiamo scrivere .. chiamiamo Sup..”
    Sento mm mm mmm
    Alzo lo sguardo e vedo un componente in più … o meglio vedo 2 visi non letterate, una del prof e una con delle borse sotto gli occhi e la faccia tutta sporca di cioccolato.
    Forse non dovevo.. chiamiamo sup pensavo chiamiamo supplente il protagonista della storia che fa rima con mente che è il vincente! Invece.. CHIAMMIAMO SUPPORTO
    PANICO
    Cosa fare? Intanto penso a come accidenti ho fatto ad accendere il video.. non ho premuto l’altro maledetto pulsante “AVVIA VIDEO”.
    Le altre non parlano…bene… Prof ma a lei piace il cioccolato?

  4. Partecipare alla sessione interattiva numero 7? Accedi ora. Sono dentro.
    La prima speranza è che anche la compagna che mi è stata assegnata si sia appena svegliata, come me, di soprassalto. Invece no: è già lì. Non vedo le due iniziali. Oh, no, la telecamera accesa! Fa niente, posso fingere ancora per un po’ di non essere lì. Passano 30 secondi, un minuto, due minuti… La sessione dura 15 minuti quindi se continuiamo così posso scamparla! Ma… “Hei, ci sei?” Oh, no, mi sta chiamando. Siamo solo noi due, non posso lasciarla lavorare da sola. Rispondo, ma senza accendere la videocamera, fingendomi attenta. “Ciao! Allora iniziamo? Che facciamo?”. Speriamo che sia lei a dirmi quale consegna ha dato il professore, che non capisca che il mio pensiero è ancora incastrato nel calore delle mie coperte. Non lo sa. Ecco, mai una compagna attenta. Adesso ci toccherà chiedere il supporto del professore, che magari chiederà ad entrambe di accendere la telecamera per spiegargli il problema. Non posso farmi vedere così, in pigiama e con la faccia ancora addormentata. Lei però vuole chiamarlo, così, mentre aspettiamo, mi alzo, mi dirigo verso il bagno per sciacquarmi la faccia e prendere una felpa ma… “Ragazze eccomi, ditemi tutto!”
    La mia compagna mi interpella e così sono costretta a correre verso il computer, ancora in pigiama, con il viso bagnato e un asciugamano tra le mani. Proprio in quel momento mia madre mi chiede di darle una mano con la lavatrice: “Ti sembra il momento?” le rispondo, e la scanso; accelero e… Il gatto mi passa davanti, per non fargli male cerco di evitarlo, ma cado e mi faccio malissimo. Dalle casse del PC sento il professore spazientito: “Signorina? Ma è ancora connessa?” Con fatica mi alzo dal pavimento, il gatto si è salvato, ma le mie ginocchia sono doloranti. Arranco fino al computer e ancora sento il professore: “Si sta prendendo gioco di me? Sta facendo finta di partecipare?”. Alla fine, rispondo, ma la mia faccia e il pigiama mi tradiscono: “Ah signorina!” dice il professore, mentre sento crescere dentro di me un senso di imbarazzo mai provato prima, “E così ho disturbato il suo sonno? Preferiva per caso riposare invece che seguire la mia lezione?”. La mia ansia è alle stelle, mi sento bollente e divento tutta rossa. Mi scuso diverse volte, ma il professore non sembra volermi perdonare… Mi aspetto il peggio. “Bene, se è così, consideri di poter dare il mio esame tra un anno almeno.” Lo sapevo, quasi piango, vorrei urlare, fargli cambiare idea… Ma di soprassalto apro gli occhi. Di nuovo? Un altro incubo? Non è possibile… Devo aver mangiato pesante ieri sera.

  5. Un sogno nel sogno…
    La realtà è che ho cinquant’anni e mi sveglio alle sei del mattino!
    Le verdure le cucino io e le propino ai due figli che reagiscono in modo completamente diverso: una mangia tutti i vegetali del mondo intero, l’altro nemmeno li vuole vedere dipinti, alle volte, in base alla preparazione, entra in casa e gli vengono i conati di vomito, quindi, è davvero impossibile per me riproporgli un qualsiasi cibo non gradito un giorno per l’altro. Nemmeno mi è mai venuto in mente, a dire il vero.
    Netflix, ahimè, lo guardo e le mie notti diventano davvero corte corte. Confesso che, alle volte, mi lascio talmente attrarre da serie e film, che metto da parte il caro vecchio libro che, invece, mi ha fatto compagnia per quattro quinti della mia vita.
    Sulle turbe amorose, calo un velo pietoso e forse anche peloso! Mi avvalgo della facoltà di non rispondere e passo al punto successivo.
    Mi piace, invece, davvero tanto assistere alle lezioni! Non vedo l’ora, le attendo con gioia e le seguo con attenzione, pur vuotando la lavastoviglie (confesso, le tazzine rumorose della scorsa settimana erano le mie!), prendendo i figli a scuola e distribuendo pasti comprensivi di verdure camuffate, passate, sbianchite, scottate, frullate.
    Vorrei tanto trovare il coraggio di intervenire, durante la lezione, di dire la mia, ma purtroppo, in questo, sono come il 90% delle colleghe: timida e riservata, nonostante l’età e l’esperienza. Non preoccupatevi, ragazze, questo non cambia! Nelle stanzette, però, mi sento a mio agio e riesco a parlare con serenità…
    Ecco, il prof ci richiama e le lenticchie aspettano nel piatto!

  6. Il prof ci ha messo in queste stanzette buie, ecco qua mi tocca accendere la videocamera per forza questa volta.
    Prima però accendo quella del cellulare per vedere le mie condizioni di prima mattina (ok sono le 10.30 ma quella nuova serie di Netflix mi sta rubando troppe ore di sonno).
    “Perfetto non sono male, pensavo peggio” mi dico. Attivo la telecamera.
    “Ma che voglia hanno queste quattro di parlare così tanto, non c’è nessuno che le ascolta in casa?”. “I lavori di gruppo dovrebbero essere considerati legali solo dopo il quarto caffè, e io non sono nemmeno al primo oggi” penso tra me e me.
    Esordisco con un “Buongiorno ragazze!”
    Giorgia mi suggerisce cosa dobbiamo fare in 15 minuti: raccontare il sogno che abbiamo avuto questa notte. “Dai è uno scherzo, tirate fuori le telecamere, mi serve minimo mezz’ora per raccontare quel sogn…ma che dico INCUBO.”
    Inizia Carlotta raccontando un incontro con un principe azzurro in un parco magico, quel principe le ricorda tanto un suo amico per cui ha una cotta da anni.
    “Oh cielo queste storie mi fanno venire la nausea, ma mai come quella che mi provoca il cavolfiore” penso sempre tra me e me, ma quanto vorrei dirlo ad alta voce.
    Il racconto di Giorgia è già più avvincente, ci dice che questa notte ha sognato di essere riconcorsa da alcuni lupi in una foresta. Non sapeva nemmeno lei come si fosse trovata in quel luogo ma dopo essere sprofondata in un fosse si è svegliata di soprassalto e ha capito che per fortuna era tutto un sogno.
    “Dai un mezzo incubo anche il tuo” penso, ma questa volta mi sono dimenticata l’audio accesso.
    Giorgia interviene “Scusa come dici?”
    “E adesso chi glielo spiega cosa ho passato questa notte…”
    “Nulla, mi ha messo un po’ ansia questo racconto, ora trovo il coraggio di raccontarvi anche il mio sogno”. L’audio si interrompe senza che io tocchi niente, la telecamera comincia a non funzionare, sento molte interferenze, il cuore è già in gola da cinque minuti buoni. Non capisco cosa stia succedendo fino a che mi giro ed entra mia mamma augurandomi il buongiorno.
    “Cos’hai sul quel vassoio? le urlo impaurita.
    “La torta cioccolato e pere, la tua preferita!”

  7. Ancora in pigiama, seguo a stento la lezione. Le parole del prof risuonano come un’eco lontana, riesco a captare qualche breve frase, poche parole che a volte riaccendono la mia attenzione. Ma chi se ne importa, mi dico, tanto caricherà le registrazioni presto o tardi.
    Fisso il quaderno degli appunti. Ho scritto la data e il titolo della lezione. Nient’altro. Sbuffo. Sarò perseguitata dai sensi di colpa per giorni per questo, già lo so.
    Ma non ho la testa per riuscire a mantenere un’attenzione costante a quel dannato schermo parlante, ho impressi nella mente le sensazioni del terribile incubo della notte scorsa come un marchio a fuoco. Mi serve un po’ di tempo e certamente di un’enorme tazza di caffè.
    Ricontrollo che la mia telecamera e il mio audio siano spenti e mi alzo per andare in cucina, mentre il professore parla di una certa teoria di un certo tale. Se vado avanti così, mi laureero nel duemilamai.
    Prima di raggiungere la cucina, passo davanti allo specchio del corridoio. Lo supero sforzandomi di non guardare il mio riflesso, ma è più forte di me. Con la coda dell’occhio vedo la mia sagoma, il pigiama di tre taglie più grande, il passo stanco, la postura ciondolante e poi decido di guardarmi. Vedo gli occhi stanchi, pesti, i capelli scompigliati e quell’espressione trascurata che non mi abbandona da mesi.
    Come posso essermi ridotta così? mi chiedo. È possibile che l’ansia mi abbia portata a sognare cavolfiori?
    Scendo le scale, preparo il caffè, unica gioia della giornata.

  8. Ed ecco, ci risiamo: quattro persone in una sessione di gruppo. Timidamente Alice accende la telecamera ed esclama: “Ciao a tutti…”. Silenzia subito il microfono, quasi avesse la paura di prendere il progetto in mano e di condurlo da sola. A ruota seguono Carla ed Eleonora che entrambe, con lo stesso imbarazzo rispondono al saluto. Ecco ora tocca a me, premo i due tasti ed esclamo: “Ciao…”.
    Segue un silenzio imbarazzante. Sembra durare un’eternità. Per ogni secondo che passa guardo i visi delle mie compagne e mi chiedo chi oserà per prima rompere il ghiaccio.
    Alice continua ad avere il microfono spento, intravedo Carla che sta immergendo un biscotto in una tazzina. Eleonora invece è immobile e impassibile. Fantastico: anche questa mattina dovrò lavorare con delle mummie! A rompere il ghiaccio è Eleonora che chiede:” Ma voi… avete capito cosa dobbiamo fare?”.

  9. Entro e vedo i miei compagni. O meglio, vedo le loro iniziali; come me, hanno tutto spento. Ok, non si può lavorare così però… Ma ho davvero voglia di lavorare? Di svolgere il compito? No, non ne ho proprio voglia e il prof non saprà mai chi l’ha fatto e chi no grazie all’anonimato con cui pubblichiamo i lavori… Ho deciso, non mi paleso.
    Ma… forse il lavoro serve a me? Forse questo lavoro, per quanta poca voglia abbia di farlo può essermi utile per capire cose nuove, per scoprire risorse che non pensavo di avere?
    Nel frattempo, i miei compagni sono ancora lì: muti e senza volto. Decido di fare farmi forza e palesarmi, salutare. Ecco spuntare anche gli altri: avevano solo bisogno di qualcuno che desse il via. Ora possiamo cominciare a lavorare…
    Il prof ci richiama nella stanza grande. Sono proprio soddisfatto del lavoro che abbiamo svolto. Non è stata una completa perdita di tempo. E mi sono anche divertito. Ora ho la giusta carica per continuare le lezioni, anche senza il mio caffè!

  10. O no… di nuovo catapultato in una stanzetta… chissà con chi sarò oggi. Cominciano ad apparire dei nomi sullo schermo. E adesso? Cosa faccio? tutti stanno accendendo la propria videocamera… ma… io …sono inguardabile oggi… prendo coraggio e boom: accesa. Per fortuna, le mie compagne di lavoro sono simpatiche… iniziamo a lavorare mentre accade l’inaspettato. “Perché proprio a me?” mi chiedo. All’improvviso, la mamma entra in cameretta, si avvicina alla mia postazione con quel sorriso che mostra sempre quando mi prepara il mio piatto preferito!! “Evvai… oggi pasta con le polpette!!” – penso tra me e me. Ma, mentre le papille gustative si attivano e mi assaporo mentalmente il pianto… Sento un odore strano, deciso che nel giro di pochi secondi penetra le mie narici… Che cos’è? Non saranno mica i… C – A – V – O – L – F – I – O – R – IIIIIII!! O NO NO NO NO!! Urlo così forte che la mamma, spaventandosi, sobbalza e, il piatto di pasta e cavolfiori che teneva in mano, viene lanciato in aria e, cadendo, finisce proprio sulla mia testa! Non ci posso credere. Quelle maledette e puzzolenti verdurine verdi mi stanno perseguitando!! Ma… In quel momento, mi rendo conto che una cosa ancora peggiore era appena successa… mi ero dimenticato di spegnere la videocamera.

  11. Non c’è sensazione di risucchio, nessun venticello o segnale che qualcosa sia cambiato; eppure, intorno a me ora tutto è buio. Così buio che non riesco nemmeno a vedere le mie stesse mani.
    Il mio respiro è l’unico suono che spezza il silenzio assordante di quella stanzetta.
    Allungo una mano dove, fino a poco prima, c’era il mio computer, il mio quaderno, il mio astuccio e… Un muro. Un muro è ciò che incontrano le mie dita.
    Forse dovrei parlare…
    Cerco il coraggio necessario per farlo, prendo una boccata di quell’aria che sa di chiuso e…
    -Tutto bene, ragazzi?- arriva la voce gracchiante del professore.
    Non riesco a capire da dove provenga, sembra ovunque e da nessuna parte insieme.
    -Ehm… Prof?- sussurro, non avendo il coraggio di alzare la voci.
    Nonostante lo spazio angusto (riesco a toccare tutte e quattro le pareti che mi circondano), la mia voce sembra rimbombare in modo sinistro.
    Una luce improvvisa quasi mi acceca e il volto del professore compare sul muro davanti a me, come se fosse uno schermo del computer ingigantito.
    Approfitto della luce per guardarmi intorno, ma non c’è molto da vedere, sono su una sedia anonima in uno stanzino le cui pareti mi contengono appena.
    Il professore sembra in attesa che dica qualcosa, ma non so nemmeno io cosa chiedere: come sono arrivata lì? Dov’è quel “lì”? Cosa devo fare? Dove sono i miei compagni? Posso andare al bagno?
    -Prof, cosa sta succedendo?- trovo il coraggio di chiedere, alla fine.
    -Vi stiamo preparando- è la sua risposta, forse un po’ troppo rapida, un po’ troppo meccanica e anche il suo sorriso, che vorrebbe essere rassicurante è troppo ampio, i suoi occhi troppo fissi.
    -Preparando per cosa?- mi sento una stupida a doverlo chiedere e già mi vedo bocciata all’esame per questa domanda.
    -Ma per nascere ovviamente-
    -Nascere?! Dove sono?-
    -Sotto terra, sciocco semino-
    Una brutta sensazione si fa strada in me, l’odore di chiuso che mi arriva alle narici viene sostituito da una nuovo, nauseante, puzza.
    Le pareti iniziano a diventare verdi e il piccolo pezzo di tettuccio sopra di me prende una strana forma; all’improvviso è come se mi trovassi dentro a un albero.
    Un albero puzzolente, verde e bianco.
    -Cosa… Cosa diventerò?- chiedo, già temendo la risposta.
    -Ma un cavolfiore ovviamente!-
    Urlo, balzando su dalla sedia.
    E sto ancora urlando anche quando, saltando a sedere, mi ritrovo nuovamente nel mio letto.
    Il cuscino ora è profumato di mattina, non c’è nessuna strana presenza in camera di verdure puzzolenti, le cose sono al loro posto.

  12. …Chiudo gli occhi.
    Ultimamente sono sempre più frequenti momenti di sconforto come questo.
    Come mi manca l’università “normale”, nella vita di prima, prima di questa assurda pandemia.
    Chi lo avrebbe mai detto.
    Chi lo avrebbe mai detto che mi sarebbero mancate quelle tristi aule illuminate solo artificialmente, troppo calde in inverno e troppo fredde in primavera. Che mi sarebbero mancate le code lunghissime per andare in bagno o prendere un caffè alle macchinette. Che mi sarebbero mancati i pranzi seduti a terra perché tutti i tavoli sono occupati, preparare la schiscetta. Che mi sarebbe mancato uscire e prendere i mezzi tutte le mattine, anche se pieni di gente da non respirare, anche se sotto un diluvio universale o nella nebbia.
    Che mi sarebbero mancate le chiacchierate con le amiche tra una lezione e l’altra, anche se poi si va a parlare di studio ed esami e mi fanno venire l’ansia.

    Chi lo avrebbe mai detto.

  13. Ma cosa mi sta succedendo? Stanotte quell’incubo schifoso, adesso il prof che ci manda nelle stanzette. Ci manca solo che finisco nella stanza con quei due miei compagni che odio. Si, li odio. La mamma mi dice sempre che non si devono odiare le persone. Non mi interessa. Odio i cavolfiori e quindi odio anche loro.
    Ecco che si sta aprendo la stanza… ti prego, ti prego, non loro. Chiudo subito la mia telecamera: non voglio farmi vedere prima di capire con chi sono capitato.
    O D D I O. Non ci posso credere. Dei cavolfiori… perché vedo dei cavolfiori? Perchèèèèèèèè?
    Mi stropiccio gli occhi. Cavolfiori. Li stropiccio ancora. Cavolfiori. Mi vado a lavare le faccia.
    Oh finalmente li vedo! Iniziavo a preoccuparmi sul serio…
    Oh no… sono loro. Ma perché capito con chi non voglio? Che palle sto prof che fa sempre ste stanzette.
    Devo dire qualcosa. No, aspetto che siano loro a dirlo.
    Oddio, ho il microfono acceso. Aspetta che lo spengo, prima che penso ad alta voce e poi mi sentono.
    Perché non dicono nulla? Dovrei fare qualcosa? Si, ma che cosa? Mi stanno antipatici.
    Forse potrei uscire dalla stanza e abbandonare la lezione. No, non posso. Poi come recupero? Magari il prof all’esame mi chiede qualcosa proprio sui lavori di gruppo.
    Vedo in alto a destra il tempo che passa. Due minuti e trentatrè. E ancora nessuno ha parlato.
    Il lavoro va fatto però. Con o senza di loro.
    Inizio a scrivere e a fare ciò che ci hanno richiesto. Dei miei due compagni ancora nessuna traccia.
    Be’ in fondo va bene così, tanto mi stanno antipatici: meglio soli che mal accompagnati, no? Se lo capisse anche il prof magari sarebbe meglio. E invece no, sempre con ste odiose stanzette.
    Il tempo è quasi scaduto: siamo in questa sessione da nove minuti. Fra un minuto il prof ci richiamerà nella stanza grande.
    Poi cosa dico al prof se mi chiama? Dico che siamo stati zitti perché ci odiamo? No, forse è meglio dire che siamo timidi e che ho lavorato da solo. Boh. Aiuto.
    Stop: tempo finito. Rientro nella stanza grande. Spengo subito microfono e video. Sia mai che il prof mi veda e mi chiami.
    Dai dai ancora qualche minuto e la lezione è finita.
    “Va bene ragazzi, allora per oggi abbiamo finito. Ci vediamo domani per nuovi lavori con nuovi gruppi e stanzette.”
    Che palle. Almeno speriamo di non capitare ancora con loro.
    Guardo l’ora: 14:30. Ho una fame incredibile. Chissà la mamma che mi sta preparando.
    Scendo di sotto, vado verso la cucina e sento un odore. No, non un odore. Quell’odore. Non ci credo.
    Cavolfiori.

  14. Ma che cosa dobbiamo fare in queste stanze buie, eh? Non sono riuscita a fare colazione, figuriamoci se riesco a partorire delle frasi di senso compiuto. Alla fine dei venti minuti ho scritto due frasi.
    DUE!
    Su richiesta del prof. vado su wordpress per pubblicare il risultato dei miei sforzi e…
    NO! NON È POSSIBILE!
    Sotto alla consegna mi compare un banner pubblicitario: “100 ricette squisite con i cavolfiori”.
    MA ALLORA È UNA CONGIURA!
    Ed è in quel momento che mi viene in mente che ieri mia mamma ha utilizzato il mio computer per cercare una ricetta “sfiziosa” per cucinare quelle schifose verdure…
    MA QUANTE VOLTE LE DEVO DIRE DI NON ACCETTARE QUEI MALEDETTI COOKIES?

  15. Mi trovo sola, dentro alla stanza, il tempo sta scorrendo mentre io lo guardo assorta nei miei pensieri. Non ho sentito la consegna, ho gli occhi ancora semichiusi. Perché non mi sono svegliata prima? Perché mi trovo sempre a fare tutto di corsa? Lo schermo del computer diventa nero. Osservo la mia immagine riflessa. Che occhiaie! Si vedono addirittura con questa poca luce che entra nella stanza. Premo la barra spaziatrice sulla tastiera del computer. Sullo schermo la solita stanzetta e il mio riquadro con le iniziali. No, la telecamera non la accendo, non mi sembra proprio il caso. Finalmente ecco, appare qualcuno. Leggo il nome sotto la finestrella… Laura! Forse è la mia compagna, forse un viso amico. La sua immagine video sta caricando, non sento ancora nulla. Ecco, ci siamo! Sullo schermo appare un volto sconosciuto. Dannazione non è lei! Questa mattina non me ne va bene una.

  16. Cosa faccio? La accendo la telecamera adesso che siamo qui solo in 4? No, dai non ero pronta, non posso farmi vedere in pigiama e con l’acconciatura da casalinga disperata. Sì ecco, la mia voce basterà.
    Intanto nessun movimento, siamo tutti a telecamere spente, i microfoni anche. E adesso chi lo rompe questo muro di silenzio? Non posso certo farlo io, se gli altri non parlano avranno altro da fare, mica vado a rompergli le scatole. E poi non ho capito cosa dobbiamo fare questa volta, scrivere un altro testo in gruppo? Boh, ma comunque il gruppo non esiste, quindi al massimo posso farlo da sola. E se arriva il prof nella stanza a vedere come procede? Faccio finta di non esserci o gli rispondo? Mamma mia che disagio, quasi quasi esco prima che sia troppo tardi, la x è proprio lì, mi chiama… E’ come una calamita per la freccina del mio mouse, non posso fermar (riunione abbandonata).

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